Non essendo stata costretta al liceo, mi era rimasto come pallino di leggere “Il fu Mattia Pascal“ di Luigi Pirandello. Lo scorso mese ne ho finalmente avuto l’opportunità e ieri sera l’ho visto a teatro, in una rappresentazione forse troppo drammatica rispetto all’ironia che ho trovato fra le pagine di Pirandello, ma comunque interessante.
Mentre leggevo il libro ho ritrovato la maggior parte dei temi cari a Pirandello: le maschere, l’identità, il doppio. Temi che ormai, per noi nati dopo l’avvento di Freud e dei sociologi come Goffman, sono un po’ entrati nel nostro DNA.
La teoria la lascio ai grandi, ma traendo l’essenziale dai loro studi e riflettendoci su, mi rendo conto che io stessa sono diversa nel mio modo di pormi da situazione a situazione (e nemmeno tanto quanto vorrei); non è che sia ipocrisia nè strategia. È semplicemente istinto di sopravvivenza; per sopravvivere occorre applicare protocolli diversi a seconda del contesto e dell’interlocutore. Chi non è capace di adattarsi e di indossare la “maschera” adatta alla situazione si trova in difficoltà. Non lo credi anche tu?
La cosa fondamentale è spogliarsi di tutto quando ci si trova allo specchio con sé stessi o in relazione con le persone più importanti per noi. Lì sì che mettersi a fare il gioco dei ruoli diventa calcolo e maschera crudele.
Grandi temi a parte, ieri sera a teatro mi si è accesa un’altra lampadina. “Lanternino” forse non strettamente collegato all’opera, ma più che altro suggerito dalle mie recenti esperienze. Una delle frasi che più mi ha colpita del fu Mattia Pascal è infatti questa:
Morto? Peggio che morto: i morti non debbono più morire e io sì, io sono ancora vivo per la morte e morto per la vita.
E cosa sei anche tu quando ti senti bloccato? Quando stai fermo e non fai nulla per paura di fare un tentativo, di buttarti nelle cose, di chissà quali scenari negativi? In quei momenti, non sei forse anche tu un po’ morto per la vita? Anche quando ti illudi di essere libero da tutto e da tutti, in realtà probabilmente non lo sei, sei solo fermo perché troppo spaventato. Quando mi capita di sentirmi così, ho un rimedio infallibile. Chi l’avrebbe mai detto che una rockettara come me finisse per caricarsi con una canzone di Dido? La lascio qui anche per te, in caso di eventuale impasse esistenziale.
Pensa che a me quella canzone butta giù. La “uso” quando voglio sfogarmi con un piantino.
Comunque, complimenti per il bell’articolo 😉
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Grazie! Buona giornata a te 🙂
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