(e meno male)(ma chi ce lo fa fare?)
Grazie a una buona dose di incoscienza mista a ottimismo e a una brillante quanto insperata performance, la scorsa settimana ho vinto l’onore di esibire le mie grandi doti di sarta per cucire sulla mia cintura blu di kung fu la terza barretta rossa.
Ebbene sì, dopo mesi di stop forzato e allenamenti da acido lattico anche alle unghie dei piedi, sono tornata in pista e ho dato un esame. Gioia e tripudio!
Ci sono molti aspetti che amo di questa disciplina e che non mi stanco di indicare come pregi a chi guarda i miei molteplici lividi sbarrando gli occhi (tanto per farti un’idea, puoi guardare questo video).
Su tutti sicuramente la dimensione rituale, l’impegno e la disciplina che servono per imparare un’arte marziale. Ci sono delle regole e vanno rispettate. Ma non sono regole inutili, protocolli sterili, passaggi da burocrati. Ogni cosa è finalizzata a raggiungere il risultato desiderato, seguendo la via più semplice e concreta.
Per una pragmatica come me, praticamente il paradiso.
L’unico ordine che riesco a sopportare in una vita fatta di imposizioni stupide e di ricerca di vie alternative a soluzioni prefabbricate.