Ho incrociato questo libro per caso, quando il mio occhio si è posato sullo scaffale “Ultimi Acquisti” di una delle biblioteche che frequento. Trovare libri intonsi, che profumano di nuovo, nelle biblioteche comunali è cosa rara; ed è per questo che mi sono ritrovata “Donne che parlano” di Miriam Toews tra le mani. Contrariamente a quanto faccio di solito, ho deciso di leggere la quarta di copertina e di sbirciare le alette interne ed è per questo che ho preso in prestito il libro.
Non lo avessi mai fatto! Tutto ciò che di interessante c’è in questo romanzo è descritto proprio nelle alette interne della copertina, senza che le 250 pagine in cui si dispiega il romanzo riescano ad aggiungere alcunché. Ed è un vero peccato perché la premessa è molto forte (tanto più che la vicenda di partenza è tratta da una storia vera): nell’immaginaria colonia mennonita di Molotschna moltissime donne, per anni, vengono narcotizzate con lo spray per le mucche e poi stuprate nel sonno. Mattino dopo mattino, si risvegliano doloranti, ricoperte di lividi e sanguinanti e si sentono dire che è tutto frutto della loro immaginazione, o del diavolo o di Dio che le puniva per i loro peccati. Fino a che, una delle donne decide di smettere di dormire per scoprire la verità. E la verità è che i colpevoli sono otto uomini della comunità: zii, fratelli, cugini, vicini di casa.
Nessuno spoiler, il romanzo parte da qui e prosegue per 250 estenuantissime pagine che riportano le riunioni clandestine di alcune donne che, “prendendo in mano il proprio destino”, devono decidere come reagire a quanto hanno subito.
Ho odiato questo libro (e forse un po’ anche l’autrice!) perchè con un incipit così forte mi aspettavo qualcosa di sconvolgente, che mi scuotesse e mi portasse a riflettere su più tematiche. Invece, mi sono solo annoiata… e tanto! Non c’è nulla che aiuti il lettore a capire come funzionano le colonie mennonite se non un dibattito di pagine e pagine sul fatto che le donne contano meno delle bestie, nè tantomeno un breve excursus storico su come queste colonie siano nate. Da donna mi è dispiaciuto tantissimo non essere riuscita ad empatizzare con un romanzo che tratta una simile tematica, ma lo stile scelto dall’autrice mi ha portato a essere sfinita poco oltre la metà della lettura e il punto di vista scelto per proporre la storia mi è sembrato oltremodo riduttivo.
Suppongo che a questo punto sia superfluo aggiungere che non lo consiglierei neanche sotto tortura, ma come sempre, se hai già letto questo romanzo, mi interessa tantissimo sapere cosa ne pensi, soprattutto se sei in disaccordo con me. Voglio davvero sperare che ci sia qualcosa che non ho colto in questo libro, che peraltro su Goodreads ha anche ottime recensioni.
Ne ho sentito parlare bene e ne ho letto recensioni entusiaste. Tra l’altro mi è anche piaciuto tantissimo un altro libro di Miriam Toews (I miei piccoli dispiaceri). Quindi credo che lo terrò in wishlist. Il fatto è che ogni lettore ha i suoi gusti: ognuno di noi ha bisogno di ritrovare in un testo alcuni elementi per poterlo apprezzare e per poter entrare in empatia con i personaggi. Può capitare di “odiare” un testo amato da tutti gli altri (a me succede spesso, anzi troppo spesso). L’esperienza dei booklover prevede anche momenti del genere ed è bello restare aperti, come te, al dialogo.
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È vero tutto quello che scrivi, perciò non posso fare altro che concordare. Prima di scrivere l’articolo ho sbirciato moltissimi commenti e recensioni, accorgendomi che in generale il libro è stato accolto davvero bene. Ci sono libri che non sono fatti per noi, indipendentemente da quanto siano piaciuti agli altri; l’unica cosa è che mi chiedo sempre se davvero il libro non era per me o se mi sono persa qualcosa nel leggerlo. Motivo per cui, adoro i confronti, sempre e comunque…
Se quando lo hai letto ti va di tornare a dirmi cosa ne pensi ne sarei più che felice 😉
Buon weekend!
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Contaci :). Buon weekend anche a te!
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Mi fido del tuo commento: non lo leggerò
Buona domenica
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