I dieci figli che la signora Ming non ha mai avuto

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“I dieci figli che la signora Ming non ha mai avuto” di Èric-Emmanuel Schmitt è il libro perfetto da leggere tra la straziante descrizione, lunga 170 pagine, di una giornata in un gulag (“Una giornata di Ivan Denisovič”, che non commenterò) e le letture impegnative che mi accompagneranno fino a Natale (DeLillo e Saramago, di cui invece probabilmente leggerai nelle prossime settimane).

Perché perfetto? Perché è leggero, perfino ironico, senza mai perdere profondità; il marchio di fabbrica di Schmitt. Come accade in tutti i romanzi brevi che compongono il “Ciclo dell’invisibile”, i temi di riflessione sono appena accennati tra le sottili pieghe della narrazione, ma non per questo l’autore risulta meno incisivo.

La signora Ming emana un’aura regale, ma è una semplice addetta alle pulizie della toilette maschile del Grand Hotel di Yunhai, Cina. Quella toilette viene spesso utilizzata da un cinico uomo d’affari francese (senza nome) per lasciare i propri interlocutori cinesi a bollire nel loro brodo prima di chiudere un affare. Sarà con la scusa di migliorare il proprio cantonese che l’uomo d’affari finirà a conversare con la signora Ming, le cui riflessioni, simili a comandamenti intrisi di confucianesimo, gli faranno considerare la vita da un punto di vista totalmente diverso, portandolo a rivalutare la sua intera esistenza.

Con poche pennellate precise Schmitt riesce a trattare importanti questioni come la responsabilità genitoriale, il confine sottile che c’è tra verità e bugia, l’importanza dell’immaginazione e della spiritualità. Ti lascio con una frase che mi ha colpita molto e, soprattutto, mi ha fatto venire voglia di prendere in mano un bel libro di Seneca:

A differenza degli europei che nel cuore delle metropoli conservano le rovine romane ma dimenticano Seneca, che visitano le cattedrali ma trascurano il cristianesimo, i cinesi non alloggiano la propria cultura nelle pietre. In Cina il passato costituisce il presente dello spirito, non un’impronta sulla roccia. […]
La saggezza risiede nell’invisibile, un invisibile che si rivela eterno attraverso le sue infinite metamorfosi, mentre la pietra si sgretola.

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