Di perdono e saggezza: riflessione semiseria sulla maturità

26 commenti

Il giorno in cui il bambino si rende conto che tutti gli adulti sono imperfetti, diventa un adolescente;
il giorno in cui li perdona, diventa un adulto;
il giorno che perdona se stesso, diventa un saggio.

A.A. Nowlan

Certi giorni mi sento particolarmente incline al perdono. Mi dico che in fondo siamo tutti esseri umani, che devono prendere ogni giorno tante decisioni, piccole o grandi che siano, e che quindi possono sbagliare. A volte perdonare è la cosa giusta da fare e non si può pretendere che chi è più grande di te sappia sempre, immancabilmente cosa è più giusto.
Altri giorni, invece, mi rendo conto sì che siamo tutti fallibili ma, mannaggia a chi ta muort, è mai possibile che esistano così tanti ultracinquantenni/neosessantenni passivo-aggressivi ai limiti dell’impossibile che si comportano come bambini al primo anno di asilo?

Immagino che questo faccia di me una giovane adulta, che oscilla tra punte di maturità e regressione agli stadi ribelli dell’adolescenza. Stadi che poi fatico a perdonarmi. Insomma, almeno per quanto mi riguarda, del saggio, ancora, non si vede neanche l’ombra.

Ma tralasciando questa confessione personale, io vorrei capire… quand’è che il normale processo di maturazione è andato a farsi benedire? Perché ci ritroviamo in un mondo dove un numero imprecisato di cinquant/sessantenni si credono sempre e ancora teenagers? Intendiamoci, non sto parlando di dettagli estetici come i vestiti, o di gusti musicali o piccoli particolari sul genere, ma di come queste persone decidono (o forse non possono fare diversamente, chi lo sa) di ragionare e di porsi. C’è una bella differenza tra il portare con grazia l’età che si ha, con i suoi pro e i suoi contro, e il rinnegarla spingendo all’estremo comportamenti che farebbero vergognare un vero quindicenne, oltre che a essere deleteri per il fisico. Per quanto ci si possa sforzare di capire questi tipi umani io non riesco ad andare oltre al fatto che mi sembrano persone così terrorizzate dal normale processo di crescita (e sì, fisiologicamente parlando, di invecchiamento) da restare innaturalmente aggrappati a una giovinezza che è bell’e’partita.

Tornando a me, io sono piuttosto orgogliosa del fatto che a trent’anni non ragiono più come quando ne avevo venti e non per questo mi sento una vecchia carretta, anzi… riesco a godere degli aspetti positivi della mia età, dando poi di tanto in tanto sfogo al mio folletto interiore e bilanciando così i contro di essere diventata una trentenne. Insomma, giovane nello spirito, ma in continua maturazione nella testa e con in mente l’idea precisa che crescere non significa invecchiare.

Hai una tua opinione su questo argomento? Sono curiosa di scoprirla.
Dai, parliamone assieme nei commenti!

26 comments on “Di perdono e saggezza: riflessione semiseria sulla maturità”

    1. Diciamo che le due cose possono non coincidere… si può crescere e maturare senza diventare dei vecchi musoni conservatori e, evidentemente ninché purtroppo, si può anche invecchiare senza crescere, rimanendo degli eterni “finto” giovani :/

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    1. Lieta di averti strappato una risata; la mia intenzione era proprio proporre un argomento serio, ma in modo leggero.

      Io, al contrario, mi sento più giovane inside, ma poi basta un adolescente che sull’autobus caccia i piedi sul sedile di fronte che mi sale l’astio e lì capisco che, rispetto a una decina di anni fa, quando la cosa non mi avrebbe fatto nè caldo nè freddo, sono tutta un’altra persona >.<

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  1. Sono nel bel mezzo delle fasi ‘mature’, tra la presa di coscienza di non essere più un teenager -che è ahimè ormai passata da tempo- e la maturità… diciamo… avanzata.
    Non so cosa stia succedendo, vero è che fisiologicamente e socialmente i tempi si stanno dilatando sempre più. Pensa solo all’età media a cui si diventa genitori per la prima volta, negli ultimi anni è aumentata sensibilmente.
    Forse c’è più IO rispetto al passato, più ricerca di soddisfazioni personali, grazie anche ai mezzi che oggi abbiamo a disposizione. Detto questo, invecchiare non piace a nessuno e l’attuale imprinting sociale è “stay young, stay foolish”.
    Ovviamente la mia è tutta teoria, appena arriverò ai 50 ti farò sapere!

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    1. Quello che penso è che si possa essere “young&foolish” anche senza sfociare nei comportamenti che avevamo alle scuole medie. Senza che i sessantenni si sentano in competizione con i trentenni (su certe cose li battono, su altre ovviamente perdono rovinosamente), senza fare le stesse cavolate che tutti abbiamo fatto quando il numero delle decine era l’1…

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    1. Bella non mi ci sono mai sentita, quindi il problema non si pone e sul giovane, io credo veramente che sia una questione di testa. Per me l’essere giovani significa continuare a trovare le occasioni per ridere o posporre un piccolo dovere come stirare i panni per andare a mangiarsi un gelato, piuttosto che, ad esempio, mettersi a flirtare con il collega che potrebbe essere tuo figlio, per provare esattamente cosa poi non si sa.

      E saggia, lo ammetto nuovamente, ancora non sono… diciamo che forse sto diventando adulta e la cosa non mi dispiace poi così tanto 😉

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  2. Purtroppo i modelli della società attuale ci dicono che essere vecchi e dimostrare l’età significa essere fuori da tutti i giochi, insomma essere morti in mezzo ai vivi. E non serve aver fatto, nel corso della vita, grandi doni a chi è giovane “adesso”, se sei vecchio nessuno ti perdona.
    Ben poche persone hanno la forza di mostrarsi senza vergognarsi e vivere serenamente un’età che nessuno vuol dimostrare, ma alla quale tutti vogliono arrivare, perché non è bello invecchiare, ma nessuno vuole morire giovane.

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    1. Sicuramente la società cerca di imporci una visione del giovane=positivo e vecchio=negativo. Sarebbe ora di finirla, ma se non cominciamo ad accettarlo come individui difficilmente potremo cambiare lo stereotipo generale.

      Inoltre, personalmente penso che il problema non sia tanto il mostrarsi quanto l’agire. Ti vuoi mettere un top ultrascollato anche se hai le rughe sul petto? Fai pure, basta che ti senti a tuo agio. Vuoi ascoltare Ghali perché lo fa tuo figlio? Accomodati! Io anche a 12 anni preferivo i Pink Floyd (e mi prendevo della vecchia dai miei compagni, ma chissenefrega!). Puoi fare quello che più ti aggrada, però il cervello lo devi usare. Devi capire che è naturale non riuscire a reggere il ritmo discotecaro di un ventenne, che a un certo punto si passa il ridicolo, che una minigonna non ti potrà stare bene come a una che ha la metà dei tuoi anni, che le responsabilità di quello che dici e fai te le devi assumere.
      A un certo punto non è neanche più questione di giovani e vecchi, ma di gente “onesta” e gente stronza. E, per me, certe cose sono tanto più gravi quanti più anni hai…

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  3. secondo me non esiste un’età, nel senso che ci sono persone vecchie a 20 anni e altre giovani a 70. Più che un’età anagrafica direi che esiste uno stato mentale. Vivere la vita ed apprezzare la gioia che può offrire giorno per giorno direi che è il miglior modo per sentire la vita stessa.
    Io sono molto più felice oggi di quando ero ragazzo, forse ho imparato ad apprezzare la gioia della vita, fatta di tante piccole cose, di emozioni vissute a 360°. Quando si apprezzano queste cose non abbiamo età, siamo solo essere umani che gioiscono per essere vivi, dentro e fuori. 😉

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  4. qui c’è saggità, ancora prima della maturezza. mi piace.

    arriverà il momento in cui, per amor proprio, lascerai passare tutto, ché tutto dipende da un tutto più grande. ognuno faccia, pensi, vesta come può. o come crede di volere. che ognuno esprima sé stesso come può. che ognuno come può, può ciò che può

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  5. Cara growingupfra i commenti al tuo post elencano tante cause, che condivido. Ne aggiungerei una personale. Il mantenersi giovani mentalmente dipende anche dall’ambiente in cui vivi. Faccio un esempio personale. Arrivai a Torino a 19 anni e me ne andai via a 33. Arrivai vecchio dentro (come mentalità) me ne andai giovane e pieno di energie, al di là dell’età anagrafica. A 36 anni sono ritornato in Italia, purtroppo in provincia. Mi sono sentito appassire, non solo per volontà, capacità e circostanze interne, ma per aver vissuto in un ambiente totalmente asfittico. Ora che sono scappato di la e dall’Italia in generale, nonostante gli anni passino, mi sento nuovamente “pimpante” nella mente. Tornando a chi si atteggia esteriormente come giovane… prima ero meno tollerante, però come dice Evaporata i modelli impostoci dalla società si imprimono molto nell’inconscio. Comunque hai accesso un bel dibattito con delle ottime riflessioni.

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    1. Mi fa piacere e ti ringrazio del commento che contribuisce a continuare il confronto 🙂
      Sicuramente l’ambiente e l’influsso della società contribuiscono a “plasmare” chi siamo… la cosa che personalmente mi sento di criticare, esponendomi a critiche a mia volta, è che proprio non riesco nè a capire nè a perdonare i neosessantenni che si mettono in competizione con gente che ha 30/35 anni meno di loro, dandosi al gossip e altri comportamenti poco maturi. Questo non credo aiuti a mantenere la mente giovane, ma di certo riesce a infastidire una grandissima quantità di gente (soprattutto sul posto di lavoro dove la frequentazione è obbligata).

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  6. Ho una bella età, ma nell’anima sono più giovane di alcuni giovani, non per i gusti, ma per l’eterna voglia di conoscenza, per non arrendermi mai, porto in me la bambina che sono stata e non posso abbandonare, amo ancora la donna giovane che sono stata e non rinuncio a questa meravigliosa età che sto vivendo.
    Non so se sono matura, ma mi domando, lo saremo mai? O almeno lo sarò mai ? 😉

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