(Perd)Incipit! #6

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Ci sono libri che non hanno bisogno di molte pagine per scolpirsi nel cuore dei lettori. Fra questi, uno dei più significativi mai scritti credo sia “L’amico ritrovato” di Fred Uhlman.

Entrò nella mia vita nel febbraio del 1932 per non uscirne più. Da allora è passato più di un quarto di secolo, più di novemila giorni tediosi e senza scopo, che l’assenza della speranza ha reso tutti ugualmente vuoti – giorni e anni, molti dei quali morti come le foglie secche su un albero inaridito.

Il primo capitolo della “Trilogia del ritorno” si apre con un incipit che detta subito la linea malinconica dell’intera narrazione e basta andare poco oltre per capirne il perché.
Nel 1932 due ragazzi tedeschi stringono un legame di amicizia profondissimo, ma la Storia si metterà fra loro perché il 1933 è l’anno in cui vengono introdotte le prime leggi razziali in Germania e mentre uno dei protagonisti, Konradin, è un nobile “ariano”, l’altro, Hans, è figlio di un ricco medico ebreo che sarà costretto, per salvarsi la vita, a emigrare negli Stati Uniti. Passeranno trent’anni prima che il destino bussi nuovamente alla porta di Hans, riportando Konradin nella sua vita.

Pur con un linguaggio molto semplice, Uhlman riesce a delineare perfettamente i contorni di quella che, insisterò sempre a dirlo, è una delle tragedie più inconcepibili della nostra Storia; per questo “L’amico ritrovato” è un romanzo adattissimo per essere letto anche dagli adolescenti.

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