Smart working = happy working?

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Sono passati tre mesi da quando lo scoppiare della pandemia da Covid-19 ha obbligato molti di noi a sperimentare una modalità di lavoro di cui tanto si era sentito parlare, ma che soltanto pochi avevano potuto già provare concretamente: sto parlando dello smart working (o, all’italiana, lavoro agile). Con il passare del tempo un po’ tutti ci siamo fatti un’idea precisa circa il cosa comporta questo modo alternativo di lavorare e, mentre alcuni non si sono trovati affatto bene, la maggioranza delle persone ha trovato soprattutto pregi nel lavorare a distanza. Sono contenta di dire che, una volta tanto, mi ritrovo assolutamente in questa maggioranza: anzi, personalmente mi trovo così bene che mi piacerebbe poter continuare ad alternare smart working a lavoro classico in ufficio per il resto della mia carriera.
Certo, l’accezione vera dello smart working non è quella che ho potuto provare finora: teoricamente la valutazione della performance lavorativa non avviene sulla base del numero di ore di servizio prestate, ma per obiettivi (e magari, sarebbe ora di rendere questa modalità la modalità standard anche per il lavoro in ufficio) e si può lavorare da dove si vuole, che sia da casa propria, dal bar della spiaggia o da qualsiasi luogo dove si è raggiunti da una connessione a Internet. Ovviamente, essendo in lockdown prima e mancando ancora adesso una codifica di obiettivi per la valutazione del lavoro, questi due aspetti fondamentali sono ciò che ancora manca alla mia esperienza con il lavoro agile, ma lungi da me mettermi a fare un trattato onnicomprensivo sullo smart working! Quello che voglio fare è semplicemente condividere con te cosa ho capito negli ultimi tre mesi dalla mia personale esperienza con il lavoro a distanza.

Tra i vantaggi dello smart working, l’aspetto che per me è una vera e propria benedizione è il risparmio di tempo. Niente corse per non perdere le coincidenze tra una corriera e l’altra, niente malumori di primo mattino perché i mezzi sono sempre pieni murati, niente imprecazioni perché il traffico ti fa arrivare ancora una volta in ritardo, niente sospiri di rassegnazione perché a fine giornata ti ritrovi a correre di nuovo per fare il viaggio di ritorno in senso contrario. Tutto ciò per me si tramuta in molto meno stress e, soprattutto, in quasi due ore di tempo utile riguadagnato ogni giorno, permettendomi la mattina di dormire quasi un’ora in più (e per la prima volta da anni non ho sempre sonno… se non fosse una cosa così piacevole sarei quasi preoccupata di aver perso uno dei tratti della mia personalità).
Inoltre, lavorare da casa permette di concentrarsi davvero su quello che si sta facendo (o almeno, non avendo bambini per casa, per me è così), senza essere continuamente interrotti da telefoni che squillano, fax che arrivano, colleghi che chiedono cose che non c’entrano con quello che si sta facendo (apparentemente, prima di fare una telefonata le persone ci pensano due volte…) e di organizzare come si vuole la propria giornata e il proprio carico di lavoro. Un aspetto, questo dell’organizzazione, che implica anche una buona dose di responsabilità da parte di ciascun lavoratore, cosa che a me piace particolarmente.

Tra gli svantaggi, invece, annovero l‘assenza di scambio umano. Soprattutto nelle fasi iniziali di un nuovo progetto, quando si lavora in squadra, c’è bisogno di confrontarsi molto e farlo attraverso videoconferenze non è la stessa cosa che condividere uno stesso spazio. In qualche modo, per quanto alla fine assolutamente efficaci, telefonate e videocall finiscono per allungare un pochino i tempi di lavoro quando ci sono più persone che lavorano agli ingranaggi di una stessa macchina e, diciamolo, nelle giornate più difficili poter fare una pausa caffè con i propri colleghi o buttare lì una battuta quando il livello di stress sale è quello che ci salva. Ritrovarsi soli con il proprio monitor certi giorni finisce per essere un po’ pesante e anche se si può smorzare l’atmosfera facendo una telefonata, come tutti abbiamo avuto modo di provare nei mesi scorsi, stare insieme virtualmente non è la stessa cosa che vedersi in faccia e stare insieme per davvero.

Per tutte queste ragioni, come accennato in apertura di post, credo che un’alternanza tra le due modalità di lavoro potrebbe essere la chiave definitiva per permetterci di lavorare in modo più sereno, più sano e, forse, anche un po’ più felice. Andando in ufficio quando a essere più necessario è l’aspetto di condivisione e restando a casa quando invece c’è da mettersi a testa bassa e portare a termine i propri compiti si potrebbero raggiungere nuovi equilibri in modo più efficiente rispetto al passato, sia all’interno della sfera lavorativa che nel bilanciamento tra il tempo che ciascuno di noi deve dedicare al lavoro e quello che invece viene dedicato a tutti gli altri aspetti della vita.

Hai provato anche tu lo smart working in questi mesi?
Promuovi o bocci questa modalità di lavoro?

31 comments on “Smart working = happy working?”

  1. Io ho sentito tanti che si trovano bene e altrettanti che invece non ci si trovano, soprattutto perché non scinde il lavoro dal resto del tempo e questo risulta meno produttivo a causa di distarzioni e altre incombenze domestiche. Insomma, o si ama, o si odia, ma difficilmente c’è una via di mezzo.

    Ma per la media risulta che il 50% lo apprezza e il 50% no, quindi direi che non si capisce nulla! 🙂

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    1. La mia media è invece molto sbilanciata verso l’apprezzamento. Direi che di tutte le persone che ho sentito almeno un 90% è assolutamente pro a questa modalità di lavoro.
      Personalmente, io ritengo di essere molto più produttiva a casa (e purtroppo finesce che faccio più straordinario del solito, cosa che non vorrei), ma ripeto, sono nella condizione di non avere bambini per casa e questo secondo me fa la differenza.

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        1. Sulla prima sono d’accordo.
          Sulla seconda, invece, non molto. Bisogna solo essere bravi a delimitare dei confini. Io, personalmente, quando ho chiuso, ho chiuso. Non rispondo a mail nè telefono, esattamente come accadrebbe se il lavoro restasse chiuso in ufficio invece che essere anche tra le mura di casa. Credimi, si fa tranquillamente!

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          1. Sì, immagino di sì. Io non ho di questi problemi, quindi… una volta ero un agente di commercio e quindi era difficile staccare con la testa. Anche di domenica.

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  2. nel mio caso essendo un lavoro che richiese presenza fisica non potrei farlo da casa, ma per chi può direi che è un ottimo modo di lavorare. Fra l’altro ci permette di evitare code e stress da parcheggio, cose comuni nelle grandi città, la mia Liguria in questi giorni ne sa qualcosa, hanno chiuso un lungo tratto di autostrada, tutto il traffico è sulla statale, ci sono giorni che impiego 3 ore per arrivare a casa. In questo caso se lavorassi da casa eviterei questo ingorgo giornaliero.
    Sotto l’aspetto umano certo si rimane isolati, ma è tutta una questione di priorità, poi volendo dopo aver lavorato da casa si può sempre uscire e vedere le persone che ci interessano….😉

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  3. Premetto che lavoro vicino a casa e che casa mia è fonte di continue distrazioni.
    Già detto questo si capisce che io sono contrario allo smartworking.
    Ma ,leggendo qua e là, noto che i sostenitori ragionano in modo abbastanza….”egoistico”, cioè mirano a non farsi rompere le scatole dai colleghi e finalmente lavorare in santa pace. Ma l’azienda ha bisogno di lavoratori in squadra e non di orsi che ringhiano ogni volta che gli si telefona.
    Io trovo che a casa si possa stare x pochi giorni per fare lavori che possono essere indipendenti dal lavoro degli altri (e gli altri devono poter fare a meno di noi) ma poi occorre essere insieme a bestemmiare sul problema, a mandare avanti un progetto!

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    1. Sono assolutamente pro al lavoro di squadra, come credo si evinca anche dal mio post, e sono convinta che per funzionare davvero il nuovo modello abbia bisogno anche di momenti di condivisione, ma non ritengo affatto che sia egoista riuscire a mandare avanti un lavoro senza essere costantemente interrotti. Per essere una squadra occorre che ognuno faccia la sua parte e come anche tu saprai, quando si lavora in gruppo c’è sempre chi tende ad “appoggiarsi” sugli altri senza combinare molto. Con lo smart, avendo più responsabilità, diciamo che tutti siamo più sollecitati a fare ciò che ci viene affidato senza contare sul collega stakanovista e per me questo è un punto a favore del lavoro a distanza.

      Inoltre, il vero vantaggio dello smart working secondo me è la possibilità di migliorare l’equilibrio tra lavoro e vita privata. Per tutti coloro che non hanno la fortuna che hai tu, di lavorare vicino a casa, ti assicuro che risparmiarsi ore di viaggio ogni giorno aiuta non poco 😉

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      1. Ho notato una cosa però, a proposito di responsabilità: parlando per telefono anziché in un openspace con presenti anche i capi, i furbini narcisisti manipolatori possono contare sul fatto che la comunicazione resti privata.
        È una cosa che ho notato sulla mia pelle….

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  4. Mi sono trovata benissimo lavorando da casa, perché ho avuto modo di apprezzarne tutti i vantaggi, concentrazione, due ore di viaggio risparmiate, un’ora di sonno in più, be’, per il mio tipo di lavoro non è proprio l’ideale, essendo io insegnante e avendo a che fare con adolescenti che capiscono e non capiscono e se non studiano e non capiscono danno tutta la colpa alla didattica a distanza! Vedremo cosa succederà a settembre, francamente mi sono anche divertita e ho sperimentato una didattica stimolante e creativa

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  5. Anche io in smartworking ormai da marzo 2020. Diciamo che in linea di massimo mi ritrovo in quello che hai detto soprattutto sul tempo risparmiato per andare al lavoro e sulle corse evitare per prendere dei mezzi di trasporto a dire poco carichi quanto un carro merci (anche se adesso la gente tende ad evitare di utilizzare i mezzi pubblici). Intanto mi risparmio l’incubo della sveglia ad un’ora indecente. Lila

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    1. Continuo a pensarla ancora così, dopo altri svariati mesi di smart. Quelli che reputavo vantaggi a giugno scorso lo sono ancora. Tra l’altro, almeno a Bologna, la gente ormai non guarda più con diffidenza i mezzi pubblici che sono spesso stipatissimi, alla faccia del 50% di capienza…

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  6. Dopo un anno circa di smart working sono totalmente d’accordo con te, in ogni dettaglio. E sì che io di tempo non è che ne risparmi molto rispetto all’andare in ufficio, perché la sede dell’azienda per cui lavoro è a tre minuti di auto da casa mia. Tuttavia, il non doversi per forza mettere in ordine di buon mattino per presentarsi al lavoro, ma potersi permettere di uscire in tuta e scarpe da ginnastica, mi ha stimolato ancor di più ad alzarmi presto e dedicare l’inizio di giornata a viverlo liberamente, questo inizio, camminando per un’ora o due, ammirando il panorama che si illumina, per rientrare a casa in tempo per le 9 massimo 9 e 1/2 e mettermi dunque alla scrivania.
    In effetti lo scambio sociale viene un po’ a mancare e le telefonate e videocall di lavoro tendono ad allungarsi anche per questo motivo, perché a un certo punto specie coi colleghi con cui si è più in confidenza viene spontaneo mettersi a chiacchierare un po’. Ma diciamo che nei miei giri mattutini riesco a compensare per qualche minuto ora qua ora là fra edicola e bar, e posso a organizzarmi meglio per passare più tempo con la mia compagna, dunque non mi va affatto male 🙂

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    1. Innanzitutto, tantissima invidia per il posto di lavoro così vicino a casa. Per il resto, sì, a volte è davvero impagabile organizzarsi la propria giornata su misura e, perché no, standosene comodi dentro ai pantaloni della tuta 😉

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  7. Io non posso fare lo smart-working per il lavoro che faccio, ma sono convinto che possa essere una grande opportunità. Occorre un cambio di mentalità, ovvero lavorare per obiettivi e non a tempo. Spero che venga incoraggiato e proposto lo smart-working anche una volta che la pandemia sarà finita.

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    1. Sì, per le PA sarà una vera sfida non basarsi più sul cartellino per dare un valore al lavoro, ma trovare un sistema che premi il raggiungimento degli obiettivi. D’altra parte pare che col recovery plan destinino un botto di miliardi alla riforma della pubblica amministrazione e quindi auspico vivamente che uno degli interventi, magari dopo la sburocratizzazione eccessiva che caratterizza l’Italia intera, sia proprio questo: passare da un sistema che “premia” la mera presenza a un sistema che tiene conto delle attività effettivamente svolte e degli obiettivi raggiunti. In uno scenario come questo diventerebbe sicuramente più semplice estendere lo smart in lungo e in largo 😉

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