Conoscere sè stessi è un mestiere difficile

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Ciò che conosciamo di noi è solamente una parte, e forse piccolissima, di ciò che siamo a nostra insaputa.
[Novelle per un anno, Luigi Pirandello]

Ti capita mai di stupirti per qualcosa che hai detto o fatto in una determinata situazione? A me sì, capita, e anche più spesso di quello sono disposta ad ammettere, e ogni volta ci rimango male. Ma come? Perché se sono quella che penso di essere, allora ho reagito come una persona che non penso di essere io? Lo so, è contorto e confuso, ma questa è l’esatta sensazione che provo quando mi accorgo di non sapere allora esattamente chi sono.

Conoscere sè stessi è un mestiere difficile, un’attività perpetua e una faticaccia, ma sono profondamente convinta che, di tanto in tanto, valga la pena di fare un po’ di introspezione per scoprire che creature meravigliosamente complesse siamo. Tanto più complesse quanto più il tempo scorre. Perché è proprio il tempo, la vita vissuta, che ti fa cambiare modo di pensare e di vedere il mondo, il modo di reagire alle difficoltà, di accettare le gioie e le sofferenze che incontri sul tuo cammino e di accettare anche te stesso.
Ogni giorno che passa aggiunge una tessera del mosaico, una sfumatura forse anche infinitesimale alla tua persona. Una piccola evoluzione che, messa insieme con tutte le altre, delinea un processo di crescita e maturazione che a me piace osservare mentre accade. Non vorrei mai fare la fine di una di quelle persone di cui si dice “un giorno si è guardata allo specchio e non si è riconosciuta”.

Lo so che non arriverò mai a conoscermi fino in fondo. Sarebbe una pretesa assurda!
In ogni secondo il labirinto della mia persona diventa sempre più intricato e prende una svolta, piuttosto che un’altra, anche in base a ciò che la vita mi pone di fronte. Lo do già per scontato, finirò sempre con lo stupirmi del mio comportamente in certe situazioni, ma, a pensarci bene, stupirsi non è poi tanto male.
Lo stupore è ciò che ci permette di mantenere una certa innocenza ed è, in questo contesto, anche ciò che ci dà la spinta per indagare su noi stessi, ancora un pochino.

 

A te piace guardarti dentro?
Ti capita mai di scoprire improvvisamente che non sei più la persona che eri qualche anno fa?

29 comments on “Conoscere sè stessi è un mestiere difficile”

      1. Sicuramente se dovesse avvenire sarebbe un avvenimento scioccante. Probabilmente cercherei di razionalizzarlo capendo come sono arrivato a cambiare, e cercherei anche di tornare indietro se mi rendessi conto che il nuovo me stesso non mi piace. Grazie per la risposta! 🙂

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  1. il viaggio dentro se stessi è una continua scoperta, è un po’ come esplorare una grotta della quale non si conosce la fine. A me è capitato di avere molti cambiamenti nel corso della vita, spesso mi meraviglio di quante cose siano cambiate nel mio modo di pensare. Molti la chiamano saggezza, ognuno a mio avviso vede dentro a se nuove prospettive per capire il suo vero io….

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    1. Idea molto interessante. Credi quindi che tutto ciò che possiamo essere sia già dentro di noi e che, piano piano, possiamo aspirare a realizzarlo sempre maggiormente?
      Se è così, non lo trovo in contraddizione con quello che penso; il mio “conoscere sé stessi” alla fine è proprio uno scoprire chi già siamo a dispetto del fatto che, fino a un dato momento, non sapevamo o non pensavamo di essere una certa persona.

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      1. no.

        considerando la parte fisica, nemmeno riesco a vedermi tutto quanto, quindi la rappresentazione che potrei farmi è per forza di cose “farlocca” e tutto sommato inutile

        a livello psicologico le rappresentazioni che mi faccio sono talmente volatili e variabili che è impossibile poterle fissare in una struttura stabile da poterla definire “me stesso”

        un pò come il cielo… come te lo rappresenti? se lo pensi blu tralasci il cielo notturno, quello invernale, quello durante un temporale, quello di un tramonto, ecc … la realtà non sfugge qualsiasi rappresentazione? oppure, si potrebbe anche dire che le comprende tutte.

        non so. è un argomento affascinante e difficile.
        bello che tu lo abbia sollevato.

        ora mi sta nascendo l’ombra di una domanda… cosa aggiunge (o toglie) alla mia esperienza umana avere o non avere una rappresentazione di me?

        Forse essere ciò che si è nell’istante presente, senza preoccuparsi del “se stessi” è come lasciar aperte le porte per qualsiasi input (idea, odore, colore, sensazione, emozione,ecc)… è qualcosa che ci lascia permeabili, senza forma, senza limiti…

        forse però, anche no!

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        1. Innanzitutto ti ringrazio per aver condiviso nuovi spunti alla tematica che sicuramente è complessa.

          Quello che io cerco di fare per me stessa è mettere insieme proprio le varie rappresentazioni, immaginarmi contemporaneamente il cielo blu, e grigio, e notturno, e all’alba, e così via. Ecco perché dico che è una faticaccia: richiede uno sforzo mentale non indifferente dato che sono convinta che ognuno di noi abbia infinite sfaccettature. Per questo, ogni tanto, ne scopri una nuova e magari resti stupito.

          Mi piacerebbe tantissimo essere nell’istante presente e basta (quindi sappi che un po’ ti invidio), ma immagino si capisca anche solo da questo post che invece sono una ponderatrice seriale 😬😬😬

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  2. Bellissimo post. Ho apprezzato in particolare “Perché è proprio il tempo, la vita vissuta, che ti fa cambiare modo di pensare e di vedere il mondo, il modo di reagire alle difficoltà, di accettare le gioie e le sofferenze che incontri sul tuo cammino e di accettare anche te stesso.” Mi ci sono molto riconosciuto. Non che nel tempo abbia risolto granché, ma conoscendomi ho imparato a perdonarmi e consolarmi da solo, accettando e riconoscendo i miei limiti. Recrimino senza farne un dramma il fatto che non ci sarebbe stato male un po’ di coraggio in più, ma va bene così.

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