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Tanti piccoli fuochi (Mai titolo per un romanzo fu scelto tanto accuratamente)

Leggere “Tanti piccoli fuochi” di Celeste Ng è stata un’esperienza a 360 gradi.
Sera dopo sera, appena aperte le pagine del libro, mi sembrava di passeggiare per le strade di Shaker Heights, respirandone l’atmosfera rarefatta, e di entrare in casa dei protagonisti, diventando parte delle loro vite. Un romanzo che offre questa esperienza non si dimentica tanto facilmente, soprattutto se, come in questo caso, il titolo viene scelto con così tanta cura (e finalmente una traduzione fedele all’originale Little Fires Everywhere).

Il libro si apre sì con l’incendio della perfetta villetta dei Richardson, ma basta proseguire la lettura di poche pagine per capire che non è quello il fuoco cui si riferisce l’autrice. I tanti piccoli fuochi promessi dal titolo sono infatti le molte, profonde tematiche che il libro esplora: la maternità, l’amicizia, il rapporto tra genitori e figli adolescenti, il concetto di comunità, le scelte che ciascuno di noi ha fatto nel proprio passato e con le cui conseguenze bisogna convivere. Tutti questi argomenti si intrecciano e lentamente alzano la temperatura delle vicende fino ad accendere le braci che porteranno poi alla combustione finale.

Shaker Heights è lo sfondo perfetto per gli eventi che coinvolgono i protagonisti. Una comunità pianificata sin dalla posa della prima pietra, disciplinata da un’assurda mole di assurde regole, nella quale però gli abitanti, borghesi benestanti e benpensanti, trovano un conforto e una sicurezza tale da spingerli a conformarsi fin quasi a perdere la propria identità.

Di fatto il motto della città era – letteralmente – “Molte comunità nascono per caso; le migliori sono pianificate”: alla base c’era la filosofia secondo cui qualsiasi cosa poteva – e doveva – essere pianificata in modo da evitare tutto ciò che era inappropriato, spiacevole, disastroso.

L’incarnazione di questo modo di vivere è Mrs. Richardson (che, in modo molto aderente al suo personaggio, non viene quasi mai nominata col suo nome di battesimo). Mrs. Richardson, nel suo tentativo di “fare del bene”, un bene tuttavia mai completamente disinteressato, affitta un appartamento di sua proprietà a Mia e Pearl, una madre single e sua figlia. Mia e Pearl non potrebbero essere più diverse dal cittadino medio di Shaker Heights, ma le loro vite sono destinate a intrecciarsi sempre più con quelle dei Richardson e l’accostamento di due modi tanto diversi di vedere le cose e di vivere generano la prima scintilla dalla quale scaturirà tutto il resto. È infatti questione di pochi giorni prima che i figli dei Richardson restino affascinati da Pearl e viceversa.

Ma a giocare un importantissimo ruolo nella trama sono anche i personaggi secondari e la controversa vicissitudine che li coinvolge; una situazione che porta il lettore a farsi delle domande scomode alle quali, personalmente, non ho saputo dare risposta. In questo, l’autrice è davvero abile a riprodurre alcune dinamiche che ciascuno di noi esperisce nel proprio quotidiano. Così, benché poco a poco emerga chiaramente la chiusura mentale, la grettezza del benpensante, quanto il perbenismo sia un atteggiamento estremamente artificioso che cerca di nascondere l’impossibilità di accettare uno stile di vita diverso dal proprio, nessun personaggio è interamente condannato o assolto poiché la natura umana si compone di infinite sfaccettature e bene e male si aggrovigliano in modi misteriosi né tanto facilmente districabili.
E, alla fine, ciascun protagonista, così come succede a tutti noi, dovrà fare i conti con i piccoli fuochi accesi nella propria vita:

Ricorda, a volte bisogna bruciare tutto e ricominciare da capo. Dopo un incendio il terreno diventa più ricco e possono nascere cose nuove. Anche le persone sono fatte così. Ricominciano da capo. Trovano un modo.

Con “Tanti piccoli fuochi” Celeste Ng ci ha regalato dei personaggi vividi e reali ed è il loro lento muoversi nella vita di tutti i giorni a Shaker Heights che crea una storia drammatica e di grande impatto, ma a cui non è affatto difficile relazionarsi. Una storia che, secondo me, merita assolutamente di essere letta!

Hai letto questo libro? Oppure hai visto la serie tv?
Io sono rimasta così piacevolmente colpita dalla scrittura di Celeste Ng che voglio leggere anche il suo romanzo d’esordio “Quello che non ti ho mai detto”.

La macchia umana

Non è facile parlare di “La macchia umana” di Philip Roth senza fare spoiler. Sono stata due settimane a scrivere e cancellare, scrivere e cancellare, ma ho insistito perché, come sempre, Roth ne vale la pena. Nel dubbio, se vuoi leggere questo libro magari rimanda la lettura di questo articolo a un secondo momento.

Dunque, il protagonista di questo romanzo è un ex-insegnante universitario di nome Coleman Silk. Coleman Silk ha un segreto ingombrante, capace di cambiare il destino di diverse altre vite, oltre la sua. Un segreto che, con l’ironia che solo la vita a volte sa avere, finisce inaspettatamente per ritorcersi contro Coleman stesso. Eppure l’ex-professore vi rimane attaccato, certamente (ma non solo) anche per una questione di principio. Perché, sullo sfondo delle vicende umane, vi è l’America perbenista e puritana che nel 1998 era tutta presa dallo scandalo Clinton-Lewinsky, un’America che ancora oggi sa essere estremamente bacchettona mentre, al contempo, produce mostri di indicibili fattezze.

Così anche in questo romanzo, scritto superbamente, Philip Roth riprende una delle sue tematiche più care: la tragica forza, la coercizione con cui la società impone agli individui di conformarsi, influenzandone così il modo di pensare e i comportamenti. Una società che si scaglia violentemente contro alcuni permettendosi di giudicare perché pensa di sapere, quando in realtà niente è mai davvero come sembra. Con “La macchia umana” Roth estremizza quest’ultimo concetto, proprio attraverso il segreto che le dolorose decisioni prese da Coleman Silk in gioventù hanno fabbricato.

L’indipendenza dal (pre)giudizio, l’accettazione della contradditorietà, il coraggio di fare spazio alla precarietà. Tutto questo è “La macchia umana”, tutto questo è ciascuna delle nostre vite perchè

Noi lasciamo una macchia, lasciamo la nostra impronta. Impurità, crudeltà, abuso, errore, escremento, seme: non c’è altro mezzo per essere qui.

The Hate U Give

Negli ultimi anni l’espressione T.H.U.G. L.I.F.E. coniata da 2pac negli anni ’90 è stata completamente snaturata. “The Hate U Give” di Angie Thomas ci fa rispolverare il suo vero significato, mettendolo al centro di un romanzo scritto in modo fresco e giovane, ma che tratta una tematica tutt’altro che leggera.

L’evento che mette in moto la narrazione del romanzo è tutt’altro che finzione; purtroppo, in America accade ancora oggi non così di rado che ragazzi di colore vengano uccisi, in quartieri più o meno problematici, da poliziotti che non hanno i nervi abbastanza saldi. A volte, questi poliziotti sono bianchi e tanto basta per riaprire ferite che nella storia americana non hanno mai veramente smesso di sanguinare. Perché, se anche in altri Paesi esiste il problema di riuscire a far trionfare la giustizia quando si tratta di fare un processo a poliziotti (e noi lo sappiamo bene con il caso di Stefano Cucchi), in America basta che la vittima sia afroamericana e il poliziotto bianco per far diventare la vicenda anche terreno di uno scontro razziale. Ed è qui che l’espressione T.H.U.G. L.I.F.E. diventa centrale nonché il filo rosso da seguire durante la lettura.

Non voglio fare spoiler e quindi non aggiungo altro, ma ti invito a leggere questo romanzo, concepito per essere letto già da ragazzi di 15/16 anni, segnando, almeno per quanto mi riguarda, un punto a favore dell’autrice. Angie Thomas ha infatti confezionato un libro che, tra le altre cose, sarebbe da far leggere nelle scuole, non solo negli USA ma in tutto il mondo.