Prendi Baricco, spoglialo della sua qualità onirico-immaginifica e quello che ottieni è Emmaus, un romanzo di realtà, ambientato in una città italiana nella cattolica Italia anni Settanta.
Di per sè la trama è molto semplice, ma Emmaus non è un romanzo facile.
Non lo è perché, come sempre, lo stile di scrittura è ricercato in maniera esasperante (Sandrino, sai scrivere, lo abbiamo capito!), ma soprattutto perché ci vuole tanta cooperazione interpretativa da parte del lettore per riempire gli spazi bianchi lasciati da Baricco. A me questa cosa è piaciuta tanto ed è per questo che te ne parlo e te lo consiglio. Mi rendo però conto che bisogna leggerlo con la giusta predisposizione d’animo, ma ciò che è indubbio è che le tante esche lanciate rendono Emmaus un romanzo che parla alla nostra parte più esistenziale.
Come abbiamo potuto non sapere, per così tanto tempo, nulla di ciò che era e tuttavia sederci alla tavola di ogni cosa e persona incontrata sul cammino? Cuori piccoli – li nutriamo di grandi illusioni, e al termi del processo camminiamo come discepoli a Emmaus, ciechi, al fianco di amici e amori che non riconosciamo – fidandoci di un Dio che non sa più di sé stesso. Per questo conosciamo l’avvio delle cose e poi ne riceviamo la fine, mancando sempre il loro cuore. Siamo aurora ma epilogo – perenne scoperta tardiva.
Ci sarà forse un gesto che ci farà capire. Ma per adesso, noi viviamo, tutti.
È di questo che Emmaus tratta. Dell’umanità tutta, di noi e del nostro essere quasi sempre incomprensibili agli altri e a noi stessi.