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Rileggere o non rileggere? Questo è il dilemma…

È andata così: per festeggiare il quinto anno di vita di uno dei miei gruppi di lettura, abbiamo deciso di scegliere il tema dei “grandi classici” e regalarci un anno di quelle letture che si trovano su tutti gli elenchi del tipo “i 100 libri da leggere una volta nella vita”. Ciascuno ha proposto vari titoli e insieme abbiamo stilato l’elenco delle letture dell’anno. Essendo grandi classici è andata a finire che ciascuno di noi ha già letto qualcosa e, dunque, di mese in mese ci si ritrova davanti all’annosa questione: rileggere o non rileggere?

Non mi ero mai veramente soffermata sulla questione, ma a ben vedere, decidere se rileggere un libro o meno è tutt’altro che una cosa semplice. Mi sono interrogata sul perché delle volte decido di farlo e delle volte no, ma non ho trovato una logica univoca alle mie decisioni. Perché, ad esempio, ho scelto di rileggere “Il giorno della civetta” mentre invece neanche mi sono vagamente sognata di ritirare fuori “Siddharta”? Eppure, al momento della prima lettura, non mi erano piaciuti in ugual misura… perché ho dato una seconda possibilità a Sciascia, mentre ho continuato a condannare Hesse senza possibilità di appello?

Rileggere, poi, comporta necessariamente un confronto difficile: quello con i sé stessi che eravamo al momento della prima lettura.
Certi libri portano con sé una marea di ricordi e sensazioni, legate al periodo in cui sono stati assaporati per la prima volta e, purtroppo, è molto facile che la rilettura finisca per “tradire” la memoria. È quello che mi è capitato con “Il giovane Holden”: tanto l’ho adorato quando avevo 15 anni quanto mi ha fatto schifo (sì, senza mezzi termini, schifo!) quando l’ho riletto un paio di anni fa. Mi sono scoperta a pensare: “ma che cavolo avevo in testa 15 anni fa?” con conseguente tristezza che mi ha travolto nel momento in cui ho capito che mi ero definitivamente rovinata il ricordo di qualcosa che fino a quel momento era una granitica certezza.

Infine, ci sono libri che sarebbe meglio non riprendere mai perché mai avranno la stessa forza, la stessa capacità di impattare sul lettore che hanno avuto la prima volta. È il caso di libri come “Non lasciarmi” di Kazuo Ishiguro, romanzo che la prima volta letteralmente “ti stende” mentre già alla seconda lettura, sapendo cosa accade e cosa aspettarsi, finisce per essere meno incisivo nonostante la profondità morale dei temi trattati. Ci sono cascata una volta, con Ishiguro appunto, e ora mi guardo bene dal ripetere lo stesso tipo di errore; motivo per cui, nonostante muoia dalla voglia di farlo, credo non rileggerò mai la “Trilogia della città di K”.

E tu, cosa pensi di questo ginepraio di argomento?
Ci sono libri che rileggeresti all’infinito o che, al contrario, mai riprenderesti in mano? Perché?

Ogni giorno deve essere la giornata della memoria

<Questo post non è assolutamente in linea con quanto scrivo solitamente su questo blog, eppure credo sia doveroso dare uno spazio alla serietà in una giornata così importante. Ho quindi ripreso e rielaborato un articolo che avevo già scritto nel 2017 in occasione della Giornata della Memoria. Buona lettura!>

Ho scritto tante righe per questo post e altrettante ne ho cancellate. Volevo esprimere tutta la complessità, la confusione e lo sbigottimento che sento dentro quando si parla di nazismo e degli orrori della Seconda Guerra Mondiale, ma mi è molto difficile. Soprattutto, c’è qualcuno che ha riassunto tutto in una delle frasi più lucide e crude che siano mai state dette sull’argomento. Quel qualcuno è Primo Levi, che al solo nominarlo mi viene la pelle d’oca ed è giusto che sia così.

Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario,
perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre.

nofences

Poche parole, e tutti dovremmo soffermarci su di esse fino ad interiorizzarle. Averle chiare dentro di noi sempre, non soltanto oggi.
E a quel punto combattere strenuamente, con ogni mezzo, per far sì che ciò che è successo non possa ritornare mai più. Dobbiamo combattere quando sentiamo dire ai negazionisti che i campi di concentramento non sono mai esistiti, dobbiamo combattere quando le destre italiane stanno zitte davanti alla crescente intolleranza e al razzismo e aprono la bocca solo per insultare e incitare all’odio, dobbiamo ribellarci quando Liliana Segre viene insultata invece che applaudita e quando scritte come “Jude hier” cominciano ad apparire sulle porte di abitazioni private.

Perché, in fondo, non c’è una scelta da fare. Non si può restare indifferenti, pensare che tutto ciò non ci riguardi. Noi dobbiamo conoscere, ricordare, resistere e non rassegnarci a perdere la nostra umanità.