Tag: soffocare

Lo yogi di me#!@ 3

Insegnante: “La gran parte della fatica che senti è perchè non stai sfruttando a pieno il tuo momento di pausa.”

Lo yogi di me#!@: “E io che pensavo fosse perché è più di un’ora che contorco il mio corpo nelle posizioni più assurde! In una stanza con altre 15 persone. A 40° di temperatura…”

Lo yoga fa bene al corpo e alla mente. Lo yoga fa bene al corpo e alla mente. Lo yoga fa bene al corpo e alla mente. Ooooooom.

Nelle puntate precedenti:
Lo yogi di me#!@
Lo yogi di me#!@ 2

Lo yogi di me#!@ 2

<Il primo capitolo della saga, qui>

Non solo a un certo punto decidi di darti allo yoga (parzialmente, il kung fu rimane imprescindibile), ma opti direttamente per Hot Yoga. E no, niente di sessuale.

Bikram (hot) Yoga è una serie di 26 posture che viene praticata in una stanza riscaldata a 39° con umidità fissa al 40%. Ha millemila effetti benefici, è vero… lo si sente subito nella schiena. Però, ecco, non è che sia tutta questa gioia, specialmente alla fine quando sei completamente da strizzare (mutande incluse), specialmente se la stanza riscaldata è molto affollata. Diciamo che il caldo è sempre uguale, ma se ci sono troppi aspiranti yogi, la sensazione di soffocamento aumenta. E diciamo che, se qualcuno a fine lezione è comunque raggiante, qualcun’altro è al limite dell’esasperazione. Così capita che all’affermazione finale, che vorrebbe essere di ispirazione, dell’insegnante:
“Io ti ringrazio per essere stato con me in questa pratica, e tu ringrazia il tuo corpo”,
lo yogi di me#!@ risponda:
“Io ringrazio di non essere morto”.

Soffocare

Chuck Palahniuk è sicuramente uno di quegli scrittori di cui serbi un ricordo, se non delle trame dei suoi libri, perlomeno delle sensazioni che ti ha destato la lettura dei suoi romanzi. Di Palahniuk avevo già letto, anni fa, “Fight Club” e “Gang Bang” e lo scorso mese l’ho ripreso in mano per leggere, insieme a uno dei miei gruppi di lettura, “Soffocare”.

Complesso, tortuoso e ai limiti dell’irrealtà nella trama, il libro è molto interessante dal punto di vista del contenuto anche se i temi trattati non vengono mai veramente esplosi quanto piuttosto soltanto accennati. Sullo stile, invece, ho qualche riserva. Vero è che il linguaggio utilizzato è perfetto per Victor Mancini, il protagonista del libro, ma è altrettanto vero che è lo stesso stile che avevo trovato negli altri romanzi e non mi aspettavo niente di diverso. Non so, diciamo che Palahniuk non è il mio genere di pazzo schizoide preferito; se proprio devo andare in quella direzione, allora preferisco David Foster Wallace. Si tratta però di un commento squisitamente personale.

La cosa veramente stimolante di questo libro è che ti sfida a vedere cosa c’è oltre la patina spessa del turpiloquio, della nausea, dello schifo, per arrivare alla verità profonda del suo significato intrinseco, tutto esplicitato nel finale ma di cui si trovano indizi disseminati sin dalle prime pagine. Un romanzo per un lettore arguto, come arguta è la scelta del titolo che sembra in fin dei conti avere poca rilevanza rispetto alla trama e invece la permea senza che quasi ci se ne accorga.