Ed eccoci qui con il secondo appuntamento della rubrica dedicata alla condivisione di quelli che, secondo me, sono incipit di libri destinati a lasciare il segno.
Ringrazio massimolegnani di Orearovescio per avermi dato il coraggio di aggiungere quel punto esclamativo che non avevo avuto cuore di mettere a sottolineare il neologismo coniato nel post di inaugurazione di questa piccola rubrica.
E ora, senza ulteriori indugi, ti lascio all’incipit di “Trilogia di New York” di Paul Auster. Sicuramente un (Perd)Incipit!
Cominciò con un numero sbagliato, tre squilli di telefono nel cuore della notte e la voce all’apparecchio che chiedeva di qualcuno che non era lui. Molto tempo dopo, quando fu in grado di pensare a ciò che gli era accaduto, avrebbe concluso che nulla era reale tranne il caso. Ma questo fu molto tempo dopo. All’inizio, non c’erano che il fatto e le sue conseguenze. La questione non è se si sarebbero potuti sviluppare altrimenti o se invece tutto fosse già stabilito a partire dalla prima parola detta dallo sconosciuto. La questione è la storia in sé: che abbia significato o meno, non spetta alla storia spiegarlo.
[Trilogia di New York, Paul Auster]
Dì la verità: non ti fa venire subito voglia di tuffarti nella storia?